Capire la Forza Muscolare con la Pedana di Bosco.

Prof.  Salvatore Buzzelli

novembre 2000

 

BASI BIOFISIOLOGICHE DELLA FORZA

Il movimento dell'animale terrestre, è determinato dall'azione esercitata dai muscoli sulle leve ossee, per questo motivo per studiare il movimento umano il maggior interesse dei fisiologi si è riversato nello studio della struttura e del funzionamento del tessuto muscolare. Anche per poter comprendere lo sviluppo della FORZA MUSCOLARE e dei fenomeni legati alla metodologia del suo allenamento è necessario capire esattamente come funziona un muscolo.
Va premesso però, che dal livello cellulare a quello dell'attivazione, tutti i fenomeni relativi al muscolo non sono ancora ben conosciuti, perciò nel campo della ricerca biologica sul sistema muscolare, ci si avvale di modelli di funzionamento.
Il più accreditato, ed ultimo in ordine di tempo, è quello che prevede l'unità funzionale del muscolo detta sarcomero, all'interno del quale sono contenuti i due elementi specifici e protagonisti della contrazione: la miosina e l' actina .
Inizialmente, secondo il  modello ideato da Huxley (1957), si pensava che l'actina fosse connessa alla linea Z, e che la miosina fosse libera da vincoli, successivamente  grazie a studi effettuati con rescissione proteica con antigeni, da Maruyama (1976), che prevedevano la distruzione dell'actina, si è potuto constatare, che la miosina, risulta anch'essa ancorata alle linee Z (fig.1) per mezzo della Titina e questo giustificherebbe la leggera tensione contenuta nel muscolo, quando viene disteso passivamente. (con la titina sono state individuate altre due proteine  : la nebulina e la desmina che sono relative la prima a regolare l’estensibilità dell’Actina e la seconda a tenere allineate in parallelo le fibre contrattili del sarcomero.)

fig.1


La miosina, posta centralmente nel sarcomero, è una struttura proteica, cioè è costituita da aminoacidi; l'actina, posta agli estremi del sarcomero, è anch'essa una struttura proteica, ma con peso molecolare inferiore rispetto alla Miosina. Ambedue si presentano sotto forma di filamenti, ed ogni filamento di Miosina è attorniato da sei filamenti di Actina.
La Miosina dispone di propaggini munite di elementi elastici, che si diramano esternamente alla struttura centrale, l' Actina presenta lungo il suo filamento la troponina C. (fig.1)
Quando il muscolo è in stato di riposo, le propaggini della Miosina non sono ancorate all' Actina, per la presenza della troponina C, che impedisce  la formazione dei cosiddetti ponti acto-miosinici, chiamati anche cross-bridge.
L'azione inibente della troponina C, si manifesta solo a determinate concentrazioni di calcio itracellulare.
Nel momento in cui un impulso nervoso raggiunge la placca motrice del muscolo, dal reticolo sarcoplasmatico si ha la liberazione di calcio (Ca++), che, provocando una perturbazione elettronica intracellulare, rende inattiva la funzione inibente della troponina C.
In conseguenza di questo evento, si ha la possibilità di formazione dei ponti actomiosinici, i quali tirando in direzione concentrica l' actina, fanno diminuire la lunghezza del sarcomero, e ne determinano l' aumento dello stato di tensione (forza). Questo fenomeno viene chiamato: contrazione muscolare .
L'intera contrazione muscolare è il risultato della somma della tensione di tutti i cross-bridge che vengono a formarsi per un tempo brevissimo.
Quando lo stimolo cessa, il calcio viene ripompato nelle vescicole del reticolo sarcoplasmatico, la troponina C ridiventa attiva, inibendo di nuovo l' ancoraggio actina-miosina (si ha quindi la rottura dei ponti), e il sarcomero si ridistende fino al ritorno nella posizione iniziale, prima cioè dell' arrivo dello stimolo: questo fenomeno è chiamato: decontrazione muscolare.
Sia la contrazione, sia la decontrazione, sono processi fisiologici che possono avvenire solo a spese di energia proveniente dall' ATP.
                                    

SCHEMA MECCANICO DEL MUSCOLO SCHELETRICO

C.C. = Componente Contrattile ;  C.E.S. = Componente Elastica in Serie ;
 C.E.P. = Componente Elastica in Parallelo

                                              fig. 2                              

 

ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA NEURO-MOTORIO

Sappiamo che la muscolatura scheletrica, detta anche striata ( dalle strie che si evidenziano nei sarcomeri quando questi vengono osservati al microscopio) è sotto l' egida dei centri motori encefalici, che sono collegati attraverso il sistema piramidale ed extrapiramidale con  fibre nervose deputate a trasmettere gli stimoli fino alle placche neuromotrici (punto di connessione tra il sistema nervoso e quello muscolare). Gli impulsi nervosi sono presenti anche durante il riposo, ma partono in forma asincrona, determinando il tono muscolare che viene generato e mantenuto per via riflessa dalle corna anteriori del midollo spinale.
Quando gli impulsi sono sincronizzati e modulati in intensità, siamo di fronte ad una contrazione volontaria  che presiede ad un lavoro muscolare : se sono di bassa intensità si tratterà di contrazione tonica, se di alta intensità si tratterà di contrazione fasica.
Il muscolo striato possiede due tipi diversi di recettori che ne assicurano la sensibilità riflessogena : i Fusi Neuromuscolari e i Corpuscoli Muscolo-Tendinei del Golgi.
I Fusi Neuromuscolari (FNM) sono disposti in parallelo alle fibre muscolari, sono composti da alcune fibre muscolari (fibre intrafusali) rivestite da una guaina connettivale, ed i Corpuscoli Muscolo-Tendinei del Golgi (GTO, dal termine inglese: Golgi Tendon Organs) sono in serie al muscolo ; ambedue sono attivati dallo stiramento del muscolo e mediano il riflesso miotatico, cioè stimolano la contrazione del muscolo, quando questo viene stirato. La differenza tra loro sta nel fatto che i GTO hanno una soglia di attivazione più elevata rispetto ai FNM, e presiedono al riflesso miotatico inverso, che porta alla inibizione del muscolo stirato e alla contrazione del muscolo antagonista.
 



 fig. 3     

Quando uno stimolo nervoso raggiunge  il muscolo, quest' ultimo reagisce a seconda dell' intensità dello stimolo ( più è grande lo stimolo, più fibre vengono attivate, maggiore sarà la risposta tensiva); ciò però non vale per le singole miofibre, infatti la fibra muscolare risponde secondo la Legge del tutto o del nulla: vale a dire, che quando si stimola una sola fibra, allorchè si raggiunge il livello di soglia per la depolarizzazione, si genera una risposta (potenziale d' azione) di tipo massimale, che si propaga lungo tutta la singola fibra stimolata, e solo in questa genera l' onda di contrazione.

 

LE FIBRE MUSCOLARI

Nella struttura del muscolo esistono Fibre Lente e Fibre Veloci, la differenziazione tra esse è data  oltre che dalla differenza di colorazione dovuta a presenza di sostanze caratterizzanti, e dal tipo di innervazione che ne determina la morfologia, soprattutto dalla differenza di concentrazione di enzimi capaci di attivare la liberazione di energia dall' ATP (Barany, 1967). Le fibre lente hanno una minore concentrazione di ATPasi (enzima specifico dell' ATP) rispetto alle fibre veloci, ma di contro sono ricche di mioglobina, che essendo di colore rosso, ne determina anche l' appellativo di "Fibre Rosse".
Più precisamente, le fibre presenti nel muscolo scheletrico umano, sono di tre tipi (fig. 4):
- le fibre tipo IA, dette anche: fibre lente, rosse, ossidative, o anche Slow Twich; queste riescono a sviluppare tensioni muscolari basse, ma sono capaci di protrarre la loro azione per un tempo molto lungo. Sono innervate da nervi di piccola dimensione e sono ricche di mitocondri.
- le fibre tipo IIA, dette anche fibre intermedie, (o anche fibre glicolitiche-ossidative); queste hanno la caratteristica di potersi comportare o come fibre lente o come quelle veloci, e principalmente subiscono gli adattamenti imposti dall' allenamento. Contengono sia gli enzimi della via glicolitica sia quelli tipici della via aerobica. Insomma sono una via di mezzo tra le fibre veloci e le fibre lente che possiamo considerare come fibre veloci-resistenti
- le fibre tipo IIB, dette anche: fibre veloci, bianche, glicolitiche, o anche Fast Twich; queste sono innervate da nervi di grossa dimensione e forniscono tensioni di alta intensità  ma essendo facilmente affaticabili, esauriscono il loro intervento in breve tempo. Esse sono ricche di ATPasi.
L' insieme del nervo motore e le fibre che da esso vengono attivate, viene chiamato unità motrice.
Non è ben chiaro se è il tipo di fibra che determina le dimensioni del nervo che le attiva, o il contrario; sta di fatto che se il nervo è grosso, innerva fibre veloci (della dimensione di 12-20 micron) e l' insieme motoneurone-fibre viene detto Unità Motoria Fasica.
Se il nervo è piccolo, innerva fibre lente (della dimensione di 6-12 micron) e l' insieme motoneurone-fibre viene detta Unità Motoria Tonica.
Le unità toniche solitamente sono formate dalle fibre dei muscoli che lavorano contro gravità e lavorano a bassa frequenza di stimoli tra i 20 e i 30 al secondo (20-30 Hertz); le unità fasiche lavorano a frequenze di stimolo superiori, dai 40 agli 80 Hz.

fig. 4

Le fibre lente, per raggiungere la tensione massimale, hanno bisogno di poche  scariche di impulsi, differentemente, nelle fibre fasiche, essendo il tempo biologico dell' accoppiamento actomiosinico molto basso, occorre che prima che la tensione si abbassi, entrino in funzione altre fibre; cioè occorre che la frequenza degli stimoli sia alta.
Potrebbe essere  questo il motivo per cui il nervo motore delle Fast Twich deve essere grosso: deve consentire il passaggio di molti stimoli al secondo.
Invece, per le fibre ossidative (Slow Twich), che non sono innervate da nervi grossi, si potrebbe supporre che l'organismo si sia costruito nella maniera più economica possibile, risparmiando quindi, energia e massa.

 

ATTIVAZIONE MUSCOLARE

Usualmente, quando si descrive l' azione fondamentale del muscolo, si parla di contrazione. Di per sè la parola contrazione sottintende "accorciamento", ma, dal momento che il muscolo può essere anche stirato o allungato, sarebbe più giusto denominare la contrazione con il nome: attivazione (fig. 5).

          fig. 5

Parleremo di attivazione concentrica, quando il muscolo si accorcia (velocemente o lentamente), e di attivazione eccentrica, quando il muscolo si allunga; addirittura possiamo distinguere tra due diversi tipi di attivazione eccentrica: una passiva e l' altra attiva.
L' attivazione eccentrica passiva si ha quando il muscolo viene allungato (stirato) senza formare ponti actomiosinici, quindi senza opporre resistenza (come quando ci si siede); l' attivazione eccentrica attiva si ha quando il muscolo viene stirato formando i ponti actomiosinici, come nel caso del caricamento prima di un salto verticale.
Nel caso di attivazione eccentrica attiva con formazione dei ponti, il muscolo si carica di energia elastica; il periodo in cui deve aversi l' accumulo di energia elastica però, deve durare al massimo 300 millisecondi altrimenti i ponti si spezzano vanificando la possibilità di riuso elastico da parte del muscolo,  nella attivazione concentrica successiva allo stiramento.
Si pensava che, per poter riutilizzare l' energia elastica accumulata dal muscolo, il tempo che doveva intercorrere tra lo stiramento e l' accorciamento, dovesse essere brevissimo (dell' ordine di 100 millisec.), ma studi effettuati per comprendere appieno questo fenomeno, hanno dimostrato che il riuso di energia elastica avviene secondo il tipo di fibra impegnata ed il tipo di movimento eseguito (Bosco, 1982).
Se il ciclo striramento-accorciamento è rapido (entro i 150 millisec.) si attivano le fibre veloci, se invece il ciclo è lento (fino a 300 millisec.) si attivano le fibre lente.
Cioè, si è compreso che anche le fibre lente, nei dovuti tempi, possono usare e restituire energia elastica, cosa che, si pensava, fosse una caratteristica solamente delle fibre veloci.
Riassumendo, quindi, quando si parla di attivazione concentrica, dobbiamo vedere se l' attivazione è di tipo veloce o lenta; se invece l' attivazione è eccentrica bisogna distinguere se è veloce o lenta e se  c'è il ciclo completo tra stiramento e accorciamento. In alcuni casi potrebbe esserci solo stiramento, come nel caso di un soggetto che si siede facendo solo lavoro eccentrico, in questo caso, i ponti che si formeranno saranno pochissimi perchè se se ne formassero tanti, aumenterebbe la tensione muscolare ed il soggetto resterebbe in piedi. Se ne deduce che l' uomo è in grado di poter modulare la contrazione, attivandola secondo le velocità che desidera.
Generalmente i movimenti che noi facciamo prevedono sempre uno stiramento ed un successivo repentino accorciamento. Sempre, tranne in acqua, infatti l' elasticità muscolare è la risposta dell' adattamento dell' animale terrestre alla gravità.
Dal momento in cui il muscolo viene attivato concentricamente, per effetto di un impulso,  al momento in cui si evidenzia esternamente l' azione muscolare, passa un piccolo lasso di tempo detto ritardo elettromeccanico (Asmussen, 1976; Bosco, 1982) (fig.6);

fig. 6

questo tempo consente di stirare tutti gli elementi elastici in serie: tendini e cross-bridge. (fig. 7)


                                              

fig. 7

Una attivazione concentrica si manifesta prima con l' accorciamento della componente contrattile (C.C.), che provoca lo stiramento della componente elastica in serie, poi, quando la tensione della C.C. e della C.E.S.  superano la forza del carico applicato, si determina un movimento (Braundwald, 1967) (fig.8 B-C)

fig. 8

Il ritardo elettromeccanico si verifica solo nel caso di una attivazione concentrica, infatti nel caso di una attivazione eccentrica con formazione di ponti, essendo gli elementi in serie già stirati, il tempo che intercorre tra lo stimolo e la contrazione concentrica successiva, è nullo.

fig. 9

Dal punto di vista del rendimento muscolare si può dedurre  quindi che, essendo lo stiramento praticamente a costi energetici zero (dovuto essenzialmente alla gravità), e che essendo la trasmissione della tensione dai muscoli alle leve ossee immediata, l'azione muscolare BASILARE è determinata NATURALMENTE dal ciclo Stiramento-Accorciamento.
Anche un lavoro concentrico sarà sempre preceduto da uno stiramento (fig. 10) come dimostrato da diversi studi effettuati con accelerometri. Infatti non esiste un lavoro concentrico puro, tranne che per casi eccezionali come alzarsi da una sedia, dove lo stiramento è impedito fisicamente dall' ostacolo realizzato dal piano di appoggio per i glutei.

fig. 10

Insomma, il muscolo "intelligentemente" tende sempre a caricarsi di energia elastica prima di compiere un movimento, perché “ ha capito” che questo fenomeno costa poco e dà un maggiore rendimento.
Se ne deduce allora che la distinzione tra le diverse attivazioni muscolari, non sarà fisiologica, ma   forzatamente metodologica.

 

 

fig. 11

La fig. 11 ci mostra il rilevamento elettromiografico in relazione alla modificazione fisica del muscolo.
Al tempo 0 si può notare l' inizio dell' impulso, poi il muscolo che risponde dopo un certo tempo, e quando il muscolo risponde al 100% della sua tensione, lo stimolo elettrico è già terminato.
Viene anche evidenziato come, durante l' attivazione concentrica, si verifica un reclutamento temporale delle fibre, in modo che per prime rispondono le fibre lente (ST), poi le fibre intermedie (IIA), ed infine  le fibre veloci (IIB).
Precisamente, fino al 40% della tensione massima vengono reclutate le fibre Slow Twich (fibre le lente che utilizzano metabolismo ossidativo), dal 40% al 70% della tensione massimale, le fibre intermedie di tipo IIA (fibre veloci-resistenti che utilizzano un metabolismo ossidativo o glicolitico), ed infine per arrivare al 100% della tensione massimale, le fibre di tipo IIB (fibre veloci che utilizzano un metabolismo glicolitico).
Attenzione ! Questo avviene solo nel caso di sollevamento pesi, ma non nel movimento balistico.
In pratica, nel lavoro concentrico, come quando per esempio ci alleniamo col bilanciere, i tipi di fibre che intervengono sequenzialmente sono (Carpenter, 1972) (fig. 12) :
- fino a 30%-40% del massimale, le Slow Twich (fibre lente a metabolismo ossidativo); quindi, a questi livelli di carico, utilizziamo energia proveniente dalla demolizione dei grassi.
- se si lavora con un regime che oscilla intorno al 50% del massimale, vengono stimolate sia le fibre IA (Slow Twich) sia le IIA (Fast Twich a bassa frequenza di stimolo) con conseguente adattamento delle fibre IIA a diventare resistenti.
- se invece si lavora al 75%  del massimale, vengono reclutate in parte anche le IIB o Fast Twich.
Quando si lavora al 70% del massimale vengono stimolate tutte le fibre veloci a bassa frequenza di stimolo (IIA), quando si arriva al 100%, viene migliorata la frequenza di stimolazione. Per stimolare la crescita della FORZA MASSIMA bisogna lavorare dal 70 al 100% del carico massimale.

fig. 12

fig. 13

 

La conoscenza degli argomenti finora trattati, deve costituire un valido supporto e rendersi ancora più interessante, quando parliamo di Forza; però, prima di addentrarci nello studio di questa qualità motoria, è necessario fare qualche considerazione di carattere fisico-meccanico.
Nel sistema locomotore, la funzione principale del muscolo  è quella di creare tensione,  che, attraverso l' estrinsecazione biomeccanica, viene trasformata in Forza. Ricordiamo che si parla di Tensione solo nel caso di muscoli isolati.
Un muscolo attivato  in maniera concentrica o eccentrica varia la sua lunghezza (l) in un tempo (t), ma considerando che, il rapporto spazio/tempo, indica una  grandezza fisica denominata Velocità, dobbiamo pensare al muscolo come elemento biomeccanico capace di sviluppare Forza in relazione alla velocità di accorciamento (v).

 
                                                                                                 V  =  ΔL  :  ΔT

In questi termini, allora, la funzione fondamentale di un muscolo, diventa quella di sviluppare insieme, Forza e Velocità.
Nel 1938 Arcibald HILL, ricevette il premio Nobel per la fisiologia, per aver spiegato la relazione tra le due grandezze fisiche che il muscolo estrinseca, appunto Forza e Velocità di accorciamento (fig. 14):

fig. 14

A loro  volta, la Forzae la Velocità in fisica sono legate da una relazione fondamentale: la Potenza (P).      

              
Potenza = Lavoro :  tempo  =   (Forza  x  Spostamento  :  tempo)  =  Forza   x  Velocità

Allora, fisiologicamente, il movimento determinato dall' attivazione muscolare può essere definito da tre grandezze fisiche: Forza, Velocità, Potenza.
A questo punto, dunque, cerchiamo di capire quali sono i fattori limitanti e stimolanti di queste caratteristiche fisiologiche, proprie del muscolo.
Se applichiamo a due muscoli,  A e B  con diversa sezione trasversa e diversa lunghezza (fig15), gli strumenti idonei per misurare la tensione e la velocità con cui la realizzano, osserveremo che il muscolo A rivela di possedere piu' forza isometrica del muscolo B; mentre la velocità di accorciamento del muscolo B è maggiore di quella del muscolo A.
Se ne deduce che la Forza e' funzione della sezione trasversa del muscolo, mentre la Velocità e' funzione della sua lunghezza nelle condizioni in cui non c'è carico esterno da spostare (Ikay e Fukunaga, 1968).

fig. 15

E' possibile anche verificare che se facciamo saltare a carico naturale un soggetto con muscoli di tipo A, questi otterrà un risultato massimo di salto in confronto a se lo facciamo saltare con addosso dei carichi .Se facciamo saltare con gli stessi criteri, un soggetto con muscoli di tipo  B, noteremo che questi salterà sempre comunque di meno.
Utilizzando questa metodica possiamo trovare la relazione tra forza e velocità sia del soggetto A sia del soggetto B.

fig. 16

Dal grafico della figura 16 si evince che, nella pratica, un muscolo che ha tensione bassa non riesce a produrre molta velocità, perchè per produrre velocità occorre riuscire a reclutare un numero alto di fibre, nel giusto tempo. Quindi il soggetto A riuscira' a raggiungere la Fmax in un tempo t, mentre il soggetto B la raggiungera' piu' lentamente, e a parità di tempo, A sviluppa più forza  di B (fig. 16)

 

 

LA FORZA E IL TEST DI BOSCO

I concetti enunciati finora, tornano utili ed indispensabili, soprattutto quando si voglia  affrontare l' argomento relativo alla FORZA MUSCOLARE nelle sue varie espressioni.
Per esempio, possiamo misurare la capacita' di forza balistica degli arti inferiori di un soggetto, partendo dal tempo di volo realizzato da questi, in un salto verticale.

fig. 17

 

fig. 18 

I metodi per misurare la forza attraverso la capacità di salto, hanno sempre avuto il limite di non saper discriminare tra le varie componenti della prestazione muscolare : Forza, Elasticità, Coordinazione (vedi per esempio il test di Saergent fig. 17)
L' evoluzione tecnologica nel campo dei test di valutazione, ha portato alcuni i fisiologi ad ideare strumenti idonei a misurare le caratteristiche peculiari dell' attività motoria.
A questo proposito, vanno grandi meriti al Prof. Carmelo Bosco, che ha utilizzato una pedana a sensori collegata ad un cronometro per la valutazione del tempo di volo di un salto (fig. 18), che servirà come elemento indispensabile per desumere le qualita' esplosive della muscolatura degli arti inferiori. A lui si deve soprattutto l' ideazione e la messa a punto del test omonimo, che è il test di valutazione piu' usato nel campo della forza esplosiva, a cui verrà dedicato un capitolo a parte.
Abbiamo già accennato alla possibilità di calcolare la velocità sviluppata dalla tensione muscolare; secondo questo criterio è possibile risalire alla forza di un muscolo sapendo la velocità di accorciamento.
Nel caso di un salto verticale la Velocità Verticale è data dalla seguente formula:

Vv = ½ · t · g

dove t = tempo di volo del salto
        g = 9,81 m/s² (accelerazione gravitazionale)

L' altezza raggiunta dal baricentro, e' quindi data da:

h = Vv² : (2 · g  )
                                                                                                        

che è come dire :

h = t²· 1,226

Chiaramente, risulta estremamente importante, effettuare il salto in maniera standard (90° al ginocchio e mani ai fianchi): il salto verticale che eseguito in questa modalità viene chiamato Squat Jump (SJ).

Infatti, essendo l' altezza del salto determinata soprattutto dalla Velocita' Verticale di salto, e questa essere funzione del tempo di spinta sul terreno, se non vengono rispettati gli standard del test e si utilizzano angoli superiori , come per esempio a 110° , si avrà meno tempo a disposizione per la spinta, ed il salto relativo risulterebbe inferiore che se eseguito a 90°.
Ancora meglio potremmo constatare questo fenomeno se osservassimo lo sviluppo della forza durante l' azione di spinta, considerando l' IMPULSO NETTO,
              

in pratica, è come dire :
                                                     t
                                       IN    =  ( m  *  a)  dt
                                                   0

                          (V” - V’)
dove           a = --------------
                               dt

Trasformando, avremo:
                                               IN =    m V" - m V'

dove V" è la velocita' finale, e V' è la velocità iniziale, ma essendo la velocità iniziale = 0, perchè si parte da fermi, allora avremo che :
I N = m · (Velocità finale), cioè la massa del soggetto moltiplicato per la velocità di stacco.


                             

       

   fig. 19


Nella fig. 19 , registriamo la forza di spinta di uno stesso soggetto che salta (SJ) da posizioni diverse con angolo al ginocchio relativamente di 90°(A) e 110°(B).
Calcolando l' integrale della curva A vedremo che esso ha un' area maggiore rispetto alla curva B, e visto che la capacità di salto è determinata dall' IN diviso la massa, cioè dalla velocità di stacco, secondo la seguente formula:

         t
........ F(t) Δt
0
         V vert. = ----------------------------
........... .
m               

 

se ne deduce che,  essendo l' IN maggiore nel caso A , nel salto con partenza da 90° si ha una maggiore capacità di salto verticale rispetto al salto partendo da ginocchia a 110° (caso B).
Come sappiamo, le fibre veloci impiegano meno tempo a creare tensione rispetto alle fibre lente, quindi i soggetti veloci, impiegando meno tempo per produrre forza balistica, salteranno di più (fig 20).

fig. 20

La Forza Balistica è quindi correlata con la concentrazione dei vari tipi di fibre: maggiore e' l'entità del salto, maggiore sarà la percentuale di FT (IIB). Ciò trova spiegazione nel fatto che, nella estrinsecazione di Forza Balistica abbiamo poco tempo per produrla a differenza che nella Forza Massimale, dove il tempo per la sua produzione è più lungo: 0,300 secondi per la Forza Balistica, contro 2 secondi per la Forza Massimale (fig. 21).


fig. 21       

                        
In conclusione si può pensare  che la struttura morfologica della muscolatura determina la capacita' di salto: i soggetti veloci impiegano meno tempo a reclutare fibre, e a parità di tempo ne reclutano un alto numero, rispetto ai soggetti lenti .

E' stato verificato inoltre che, la capacità di salto è correlata con la velocità di corsa (fig. 22) per cui una valutazione precisa della capacità di salto ci potrà dare una previsione del risultato nella velocità pura.

        
fig. 22


Per quanto riguarda l' allenamento, bisogna tener ben presente i concetti esposti, e considerare che, cambiando il pattern (sequenza) di lavoro, cambia il reclutamento delle fibre : nella Forza Maasimale ottenuta secondo il metodo Ramp and Smooth si ha la sequenza Fibre Lente - Fibre intermedie - Fibre Veloci; nella Forza Balistica avviene il contrario.
Nella produzione di Forza Massimale  con la metodica Ramp and Smooth, l' attivazione nervosa è relativa al carico da sollevare, (quindi per migliorare la Fmax, si parte dal 70% del max perchè a quel punto vengono reclutate le FV)
Nella espressione balistica, la forza che  si produce massimalmente, e' frutto dell' attivazione nervosa, che rimane uguale indifferentemente dal carico da sollevare, ed è sempre massimale, almeno con un carico pari 1/3 del massimale.
Allora per allenare la Forza Balistica bisogna utilizzare il 30% del carico massimale, in modo che il tempo di lavoro sia più breve (250-300 millisec.) rispetto a quando si allena la Forza max, dove vengono utilizzati carichi elevati, affinche' si stimoli il muscolo per un tempo piu' lungo (800-1000 millisec.).
Bisogna inoltre considerare che l' organismo non è capace di mandare stimoli ad alta frequenza per lungo tempo, quindi, le fasi di recupero devono essere abbastanza lunghe, perche', anche se l' ATP e' presente massivamente, c'è bisogno di recupero completo a livello del sistema nervoso centrale, prima di eseguire la serie di lavoro successiva.
Quindi l' allenamento che si effettua con i carichi elevati, e' un allenamento prevalentemente di natura nervoso-centrale, dove non c'è fattore limitante metabolico perchè l' ATP comunque sarebbe sufficiente per protrarre il lavoro.
Quella che finora abbiamo denominato Forza Balistica, viene più comunemente chiamata con un appellativo piu' esplicativo : Forza ESPLOSIVA.
Se osseviamo l' andamento della Forza Esplosiva nei giovani (fig.23), vediamo che dai 6 ai 12 anni c'e' una variazione lieve, mentre dai 13 anni in avanti c'è una impennata dei valori, dovuta essenzialmente alla presenza di testosterone, che agisce come stimolante dei processi di trasmissione nervosa, potenziando così il  sistema nervoso centrale ad inviare treni di impulsi più efficaci (esistono circa 40 stimolatori biochimici, che connettono tra di loro le varie funzioni del sistema nervoso).

         

fig. 23

Nel grafico di fig. 24 vengono messi in evidenza i risultati medi ottenuti con la metodica Squat Jump del test di Bosco, in relazione agli sport praticati.

1 - Maratona, Sci di fondo, Sci nautico
 2 - Mezzofondo, Ciclismo
 3 - Lotta, Tennis, Tuffi
 4 - Ginnastica, Calcio, Rugby
 5 - Pattinaggio su ghiaccio, Calcetto
 6 - Baseball, Scherma
 7 - Pallacanestro, Pallamano
 8 - Ostacoli, 400m, Lanci
 9 - Pallavolo, Salti atletica, Velocita' atletica
10 - Lancio del peso, Sci Alpino, Sci Trampolino

Per stilare questa graduatoria, si e' valutata la Forza Esplosiva, con il test di Bosco (SJ).

fig. 24

E' quindi possibile dedurre che gli atleti di sport di resistenza, ottengono risultati di gran lunga inferiori a quelli di sport di velocità.
Negli sport individuali la differenza nei risultati è molto marcata, mentre negli sport di squadra si notano differenze minime, forse perche' in quest' ultimi predomina l' aspetto tecnico su quello delle qualità esplosive (tranne nella pallavolo, dove le qualità di salto sono determinanti).

La Forza Massimale  si manifesta con tre differenti espressioni:
- Forza Esplosiva
- Forza Dinamica Massima
- Forza Isometrica Massima
tutte e tre sono espressioni massimali di forza, di cui due sono ottenute con un sovraccarico ed una a carico naturale.
Nel salto con sovraccarico noi osserviamo le capacità di forza esplosiva e di forza dinamica massimale, e la buona relazione fra le due espressioni fa in modo di farci conoscere se siamo indirizzati nel versante giusto dell' allenamento o meno.
Se miglioriamo di molto la forza dell' atleta bisogna far in modo che poi ci sia una trasformazione  in velocità di quanto migliorato.

fig 25            

nella fig. 25 sono rappresentati esempi di relazione F/V su atleti diversi. Il caso (a) rappresenta la curva teorica ideale.
Nel caso (b) la curva tende ad appiattirsi, nel caso (c) la curva tende ad impennarsi sul versante della Forza; ciò vuol dire che nel caso (c), sono stati adoperati troppi carichi massimali durante l' allenamento, mentre nel caso (b) e' stata fatta molta velocità.
Attualmente non si usa effettuare tanti salti con sovraccarico, per determinare la curva F/V, ma uno SJ ed uno SJ con un carico pari al peso corporeo sulle spalle (Body Weight).
Il rapporto tra i due valori ottenuti, danno l' Indice di Bosco

                                                          INDICE DI BOSCO =   SJBW /  SJ
                                                                                                        

Se l' indice e' un numero maggiore di 0,33 (> 33%), vuol dire che l' atleta è PIU' FORTE che veloce; un indice di valore minore di 0,33 (<33%) sta a significare che l' atleta è PIU' VELOCE che forte.
Un indice di valore  pari a 0,33 (33%) significa che le caratteristiche di Forza e Velocita' dell' atleta sono in equilibrio.
In definitiva questo test suggerisce la via metodologica di allenamento (aumento o diminuzione dei carichi di lavoro), e la valutazione dell' efficacia dei programmi.

Finora abbiamo utilizzato metodiche di valutazione che indagano la capacità di salto da fermo (Squat Jump), però generalmente il muscolo lavora utilizzando il prestiramento ed allora sarebbe importante valutare la capacità di salto, quindi la Forza Esplosiva, attraverso una metodica di rilevamento che prenda in considerazione questo aspetto.

Si ha la possibilità allora, di eseguire due tipi di salto che prevedono il prestiramento prima della fase concentrica:
    - salto con caricamento o contromovimento (Counter Movement Jump)
    - salto preceduto da caduta (Drop Jump)
Ambedue i tipi di salti, provocando lo stiramento dei Fusi Neuromuscolari, attivano il riflesso miotatico.

fig. 26

Nel CMJ la capacità di reclutamento tra un soggetto veloce ed uno lento e' la stessa perche' (fig. 26) guardando la figura si nota che il soggetto dopo aver abbassato il baricentro per cercare il caricamento, attiva il muscolo quando è nella posizione 2 e l' attivazione sarà massimale quando sara' nella posizione 3, allora e' chiaro che se non c'è differenza nei movimenti tra  soggetti  veloci e lenti, l' attivazione nervosa sara' la stessa e quindi si recluteranno il massimo numero di fibre per entrambi.
In pratica succede che nello SJ la differenza di attivazione tra soggetti lenti e veloci, è marcatamente differente, mentre per la fase che segue lo stiramento muscolare essi si comportano nello stesso modo.
Il prestiramento può essere eseguito utilizzando una ampiezza angolare marcata o stretta, l' ideale sarebbe che l' atleta esaminato, ricrei la posizione di partenza dello SJ (90° al ginocchio).
Il prestiramento, grazie all' accumulo di energia elastica, amplifica la quantità di espressione di forza esplosiva .
La Forza Esplosiva durante l' attivazione eccentrica è maggiore dell' isometrica (fg 27).

fig. 27


In alcuni casi la Forza Esplosiva espressa durante l' attivazione concentrica preceduta da stiramento, è maggiore dell' isometrica massima, come per esempio, nel salto verticale con contromovimento (CMJ).
Il motivo per cui ciò sia possibile, va ricercato nelle seguenti  ipotesi:
      - perche' c'è energia elastica
      - perche' c'è il potenziamento del sistema nervoso

CMJ e SJ sono ambedue espressioni di forza Esplosiva, ma nello SJ,la capacita' di salto dipende dalle fibre e dalla capacità di reclutamento, mentre nel CMJ, gioca un ruolo determinante, la capacità, da parte del muscolo, di accumulare elasticità e di restituirla nella attivazione concentrica successiva.
La differenza tra CMJ e SJ e' indicata come Indice di Elasticità.

Indice di ELASTICITA' = CMJ - SJ

Secondo il fisiologo Cavagna (1964), l' incidenza dell' elasticità su una contrazione concentrica preceduta da stiramento, è dell' ordine del 10%.

Per aumentare l' intensità dello prestiramento, si usa ricorrere ai salti con caduta dall' alto: DROP JUMP (fig. 28)

fig. 28

Con questo tipo di esecuzione, i muscoli estensori delle gambe vengono sollecitati a sviluppare altissimi valori di forza nel ciclo stiramento-accorciamento (STIFNESS), il riflesso miotatico tende ad agire più efficacemente fino a certe altezze, ed è possibile capire l' effetto inibitore causato dai GTO che vengono stimolati per effetto dello stiramento più efficace dovuto alla caduta dall' alto. Per altezze intorno ai 30-40 cm vengono sollecitati i muscoli del polpaccio, con altezze superiori, comunque tra i 60-80 cm, invece si interviene sul quadricipite femorale.
    

fig. 29

PLIOMETRIA, è questo il nome attribuito a questo tipo di esercitazione ( dal greco pleos = piu' , metros = lunghezza).
Nella pratica, si vedrà che la risposta muscolare, tende ad aumentare, con l' aumento dell' altezza di caduta, fino ad una altezza critica, da dove non si hanno incrementi, anzi la risposta tende a calare (fig. 29).

fig. 30

La fig. 30 mostra la registrazione elettromiografica del tricipite surale durante la fase di atterraggio dopo un salto pliometrico con altezza di caduta di 110 cm in un soggetto non allenato (azzurro) ed in uno allenato (rosso): mentre nel soggetto rosso l'attività mioelettrica sale facilitando la risposta muscolare, nel soggetto azzurro questa si evidenzia una depressione iniziale dovuta a meccanismi di inibizione nervosa alla risposta di forza.
Questo tipo di allenamento non agisce sul potenziamento del sistema nervoso, ma tende ad eliminare le inibizioni che questi tenderebbe ad esercitare (Schmidtbleicher e Gollhofer, 1982), ciò indica che l' effetto l' allenamento produce degli adattamenti a livello nervoso a risposte violente.


fig. 31

Nel caso del drop-jump si può vedere nella fig. 31 che A (in rosso, soggetto allenato) salta di più di B (in azzurro, non allenato), soprattutto perchè in A i processi inibitori non si manifestano incisivamante. Ecco perchè, atleti di alto livello sono piu' a rischio traumatico, che atleti di bassa qualificazione.
A proposito di pliometria, vorrei ricordare che il metodo tradizionale di effettuare cadute in basso, oltre a produrre forti attivazioni elettriche, è anche causa di indubbi problemi alle articolazioni del ginocchio e dell' anca.
Infatti cadendo nella posizione tradizionale, cioè a gambe distese, nel momento in cui ci si piega per poi esplodere in un salto verticale, si hanno forti sollecitazioni a livello del tendine rotuleo. Per evitare questo trauma, si consiglia di effettuare la caduta, partendo già da posizione di gambe piegate a 90° (metodo Bosco-Pittera)
L' attivazione nervosa e' alta comunque, ma la forza sollecitante è inferiore rispetto al metodo tradizionale, ed anche la sollecitazione a carico dei tendini è inferiore. el resto si effettua la pliometria per sollecitare soprattutto il sistema nervoso, allora tanto vale stare dalla parte dei bottoni proteggendo i nostri atleti da traumi.
Ci sono sport dove il caricamento avviene a 90° del ginocchio (calcio, pallavvolo, sci, ecc...), allora, per questi atleti, è consigliabile eseguire la pliometria col metodo Bosco-Pittera.
Sempre nel calcio conviene fare esercitazioni pliometriche ad una sola gamba dal momento che, quando si calcia, una gamba fa puntello (es. tra gli ostacoli, spingere con due gambe ed arrivare con una).

 

fig. 32

Osservando la fig. 32, vediamo gli incrementi percentuali rispetto allo SJ, ottenuti con salti con caricamento.
I miglioramenti che si notano nei salti con caduta fino a 40cm, sono dovuti all' apporto del riflesso miotatico che rafforza lo stimolo, mentre per altezze di caduta superiori, fa sentire l' influsso negativo, il riflesso miotatico inverso (GTO).


fig. 33

Si notano gli stessi fenomeni, anche a livello dell' attivazione nervosa: infatti (fig.33),definendo  100%, l' attivazione nervosa massima dello SJ, nella fig. 33, si vedono, a partire dal CMJ, due colonnine che stanno ad indicare l' attivazione nervosa della fase eccentrica e della fase concentrica nei muscoli estensori delle gambe (quadricipiti, gastrocnemi, glutei). Nel CMJ non c'è molta differenza tra la fase eccentrica e quella concentrica, mentre è interessante vedere cosa avviene nel Drop Jump: cadendo da 20cm, l' attività elettrica durante la fase eccentrica, aumenta, fino ad una certa altezza e poi si abbassa.
Ancora piu' interessante è che durante la fase concentrica,o lavoro positivo,l' attività elettrica è bassa. Quindi vediamo che la capacità di risposta allo stiramento è influente fino ad un certo punto, poi decade. Per quanto riguarda la risposta nervosa tra soggetti lenti e quelli veloci, si e' scoperto, che essa, è circa uguale. La conoscenza di questo comportamento nervoso, è molto importante quando si propone un allenamento, specialmente quello pliometrico: l' attività riflessa (propriocettori), non ha nulla a che fare con la struttura morfologica, quindi la risposta nervosa, non dipende dalla struttura muscolare.

Man mano che l' altezza di caduta aumenta avremo una extra forza che aumenta (riflesso da stiramento rafforza) mentre, dopo una certa altezza, aumentano i processi di inibizione, e quindi la forza cala .

La Potenza è data o dalla Forza x Velocità o dal Lavoro/tempo
P = F x V
P = L / t    
L = Massa x spostamento
Il Lavoro si misura in JOULE.  1 joule = 1 Kg x 1 metro                                 
P =    (Massa x spost.) /  tempo     =   ( F x s)  /   t     =  F x V
L' unità di misura della Potenza (P) è il WATT. 1 watt= 1joule / secondo

La Potenza espressa in un salto verticale è data da:

                                 
P =  ( g² ·  t. volo · t. totale) : (4 · n salti  · t. contatto)   = ( 24.06 · t. volo · t. totale) : ( n salti · t. contatto)
                                         

L' unità di misura è il Watt/Kg.

Osservando i risultati di test di reattività con ostacoli, si nota come la Potenza Muscolare migliori con l' allenamento.

                                      h cm         tc ms         power w*kg
                   nov 83         57,8           177,3          64,0
                                         8,7            12,2           9,6

                   jun 84         63,5            165,3          75,4
                                        7,9              11,9          13,9

In contrasto con quanto asserito dal fisiologo Cerretelli, che dice che la potenza espressa da un soggetto non può essere modificata dall' allenamento perchè dipende da fattori metabolici, in questo caso, si dimostra che la potenza muscolare migliora, infatti la capacità di reagire nel saltare dipende molto dal sistema nervoso e non dipende da fattori metabolici. In pratica si può asserire che esiste un processo neuromuscolare di apprendimento, che migliora la prestazione, quindi, attraverso l' allenamento la risposta neuromuscolare può essere migliorata.

  

         

Quindi se si volesse migliorare la Potenza Anaerobica Alattacida non è importante migliorare la Forza Massimale, ma è importante invece migliorare la forza esplosiva, come invece per avere una buona Potenza Anaerobica Lattacida (PAL) occore una buona Forza Esplosiva ma anche una buona Forza Muscolare.
Infatti, per saltare 15 sec non occorre attingere alla Forza Muscolare perche' il reclutamento è sub massimale.
Tra Forza Espolsiva (FE) e Potenza Anaerobica Alattacida (PAA) c'è correlazione perchè le due espressioni muscolari dipendono dal tipo di fibre, ma non dal punto di vista di origine nervoso, ma da quello di origine metabolico o morfologico.
La mancanza di correlazione tra PAA e Forza Dinamica Massima (FDM) deriva dal fatto che per la FDM entrano in funzione tutte le fibre, mentre per la PAA solo le fibre veloci.
La Forza Dinamica Massima è data dalle  Fibre Veloci, Fibre Lente, e dalla capacità di reclutamento.
La Potenza Anaerobica Alattacida è data dalle Fibre Veloci.
La Forza Esplosiva è data dalle Fibre Veloci e dalla capacità di reclutamento.
La Potenza Anaerobica Lattacida è data dalle Fibre Veloci e dalle Fibre Lente.
Quindi, potremmo utilizzare questa tabella, per comprendere quale tipo di allenamento si debba fare, per migliorare le varie capacità.

 

L’ALLENAMENTO DELLA FORZA    

L' aumento della forza e' dato inizialmente, da un adattamento neurale, che aumenta la capacità nervosa di reclutamento, mentre, per i primi 2-3 mesi l' ipertrofia è modestissima (questo vale quando si vuole migliorare la Forza Massimale e non l' ipertrofia, quindi esclusivamente con un lavoro mirato all' incremen­to della forza massimale) (fig.34).


fig. 34


Nel primo periodo di miglioramento nervoso, aumenterà anche la Forza Esplosiva, perchè il lavoro è indirizzato alle Fibre Veloci. Facendo allenamento di Forza Esplosiva, la Forza Massima migliora di poco, anche se si ha il miglioramento del reclutamento e dell' attività elettrica, che migliora tantissimo.
Se invece facciamo un allenamento di mirato alla Forza generale, non si ha un miglioramento dell' esplosività .
Nell' allenamento di Forza Esplosiva la miofibrilla, non aumenta di dimensione, mentre si ispessisce, nell'allenamento di Forza Massimale. (fig. 35)


         fig. 35

Per lo sviluppo delle masse muscolari e della Forza, e' risaputo, che nella pratica sportiva e di palestra, si ricorre agli steroidi anabolizzanti, che favoriscono la sintesi proteica, e il turnover degli aminoacidi, ma, bisogna sconsigliarne fermamente l' uso, perche' favoriscono anche lo sviluppo di neoplasie anche di tipo maligno.
Quando ci si allena con i sovraccarichi, la risposta piu' importante a livello organico, e' quella di stimolare l' apparato endocrino.
Un primo effetto si ripercuote sulla ghiandola Pituitaria che stimola la produzione di GROWTH HORMON (GH o ormone della crescita), il quale agisce sul fegato endocrino per la produzione di SOMATOMEDINE: IGF (Insulin Growth Factor). Le Somatomedine sono degli ornoni che favoriscono il turn-over proteico e la loro azione anabolica e' circa il 600% rispetto a quella del GH; esse agiscono sul muscolo, sulle cartilagini, sui tendini favorendo in ultima analisi, gli adattamenti specifici dell' apparato locomotore.
Altro effetto dell' allenamento con i pesi, si ripercuote sull' asse Ipofisi-Gonadi, stimolando la produzione di TESTOSTERONE, che pare sia in stretta connessione con la Forza Esplosiva, infatti, essendo questo ormone un neuromodulatore che favorirebbe la trasmissione nervosa degli impulsi che partono dal cervello per raggiungere le fibre muscolari, sembrerebbe, che il suo effetto biologico agisca prevalentemente sulla velocita' dei movimenti.
Quindi, si intuisce che, alte concentrazioni di GH, favoriscono massicciamente il turn-over proteico, mentre, alte concentrazioni di Testosterone, favoriscono il miglioramento della Forza Esplosiva e della velocita'.
Bisogna far notare, pero', che l' incremento del GH e del Testosterone, non sono solo il frutto del volume e dell' intensita' del carico, ma anche delle pause che si effettuano tra le serie.
Rispettando pause brevi, si favorisce lo stimolo dell' ormone della crescita (GH), mentre con recuperi piu' lunghi, si favorisce un incremento della produzione di Testosterone.
Vediamo ora cosa avviene alla fibra muscolare con l' allenamento.
E' possibile, mediante un opportuno lavoro, modificare le proprieta' metaboliche dei muscoli scheletrici.
Per esempio, gli esercizi di lunga durata (corsa, nuoto, ecc...), comportano un aumento della capacita' aerobica, con un aumento dei mitocondri ed un aumento della rete capillare. Tali modificazioni si accompagnano ad un incremento relativamente piccolo della massa muscolare. Quando, invece, l' allenamento è indirizzato verso esercizi ad alta intensità ma di breve durata, si produce una specializzazione del muscolo totalmente diversa, in cui divengono nettamente prevalenti gli enzimi glicolitici e, in parallelo, si produce ipertrofia caratterizzata da una aumentata sintesi proteica (actina e miosina).
Fino ad oggi, comunque, non e' stata messa in evidenza nessuna prova convincente che l' allenamento alteri le caratteristiche biochimiche delle proteine contrattili.
Di conseguenza, non e' vero che bisogna avere una buona potenza aerobica per allenare la Forza, infatti, anche per lavori molto intensi con i pesi, viene utilizzato solo il 35%-40% del VO2max.
Nel grafico di fig. 36, viene mostrato il consumo di ossigeno misurato durante l' esecuzione di 125 ripetizioni realizzate con carichi diversi, in 30' (Tesch, 1986).

 

fig. 36

A che eta' bisogna iniziare ad allenare la Forza ?
Riflettendo su quello che e' stato esposto, a proposito della situazione e della risposta ormonale in un soggetto, e' chiaro che se iniziamo a 11-12 anni, l' individuo non e' capace di assorbire bene il lavoro di forza, nè tantomeno creare gli adattamenti.
Osservando il grafico di fig. 37, si comprende che il momento fisiologico migliore per iniziare l' allenamento sistematico della Forza, è quello in cui nell' organismo si ha un innalzamento della produzione di testosterone che predispone  favorevolmente a rispondere agli stimoli caratteristici della Forza, quindi non prima dei 15-17 anni.

 

fig. 37

 

ALLENAMENTO DELLA FORZA CON I SOVRACCARICHI

A tutt'oggi non esistono metodiche di allenamento della FORZA capaci di garantire uno sviluppo di questa qualità, se non quelle che prevedono l'utilizzo di resistenze fisiche esterne al corpo: i Sovraccarichi (pesi).
Anche se si sente parlare spesso di sistemi che prevedono uso di macchine stimolatrici a scariche elettriche o altri marchingegni, riteniamo di poter asserire che la forza volontaria debba essere allenata con i pesi, addirittura con i soli bilancieri e manubri, liberi da vincoli imposti dai cursori tipici delle macchine isotoniche, in quanto solo in quella maniera si riesce a rendere i vari distretti biomeccanici equilibrati e sotto il dominio del sistema nervoso. Ad ogni buon conto bisogna ricordare che le regole di sicurezza non debbono essere mai trascurate, quindi i carichi liberi debbono essere utilizzati prevalentemente da soggetti realmente capaci di farlo.
L' uso della cintura è una delle precauzioni fondamentali che l' allievo deve prendere quando ci si accinge ad eseguire una seduta di pesi; il suo compito è quello di stabilizzare la colonna vertebrale attraverso la aumentata pressione endoaddominale, che si determina quando viene stretta in vita (si raccomanda soprattutto nelle esercitazioni con bilancieri posti sulle spalle).

Gli attrezzi più in uso sono :
- bilancieri a piastre
- manubri
- molle ed elastici
- bastoni di ferro
- giubbotti, scarpe, cinture zavorrate
- palle mediche
- macchine isotoniche

Quando si eseguono allenamenti con i sovraccarichi bisogna sempre tener presente :
- entità del carico e velocità di esecuzione
- numero delle serie
- numero delle ripetizioni nella serie
- recupero tra le serie
- recupero tra gli allenamenti
- frequenza degli allenamenti

Nelle tabelle che seguono si illustrano in modo sintetico le varie metodologie di lavoro e gli effetti fisiologici che ne derivano.
Ricordiamo che la forza, essendo direttamente proporzionale al numero di fibre muscolari a disposizione, cresce fino ai limiti fisiologici dettati dalla struttura del muscolo e non va oltre se non con l' assunzione  di sostanze dopanti, peraltro pericolossissime per la salute, di cui se ne sconsiglia assolutamente l' uso.

 

METODI DI MUSCOLAZIONE

Metodo Piramidale

Uno dei metodi largamente utilizzati per l' allenamento della forza, e' quello ideato da T. De Lorm (1945), chiamato "Piramidale".
Esso rappresenta il metodo più veloce per poter indicare empiri­camente, il numero delle ripetizioni in funzione del carico: per carichi alti, poche ripetizioni, e viceversa.
Le tre tabelle indicate di seguito, fanno riferimento ad altrettanti tipi di utilizzo di questo sistema, in cui le ripetizioni sono associate alle percentuali di carico massimale da utilizzare.
 

Piramide Stretta


                                           

Per i giovani, di solito si usa la Piramide Tronca, per gli atle­ti evoluti, normalmente si usa la Piramide Stretta. Comunque la Piramide Stretta, tende a migliorare il livello di Forza senza influire sul diametro trasverso dei muscoli, la Piramide Tronca ha un effetto anche ipertrofizzante.

Piramide Tronca

Sempre per atleti evoluti, a volte risulta necessario aumentare gli stimoli per incrementare la Forza Massima, soprattutto nel pe­riodo preparatorio, allora e' consigliabile sfruttare il sistema della piramide doppia.
Una variante al Sistema Piramidale, è quello delle RIPETIZIONI MASSIME, introdotto da A. Spassov, dove per ogni percentuale di carico massimale, l' atleta esegue un numero massimo e soggettivo di ripetizioni. Anche in questo caso, il principio allenante è lo stesso.

Piramide doppia

 

Metodo della massima velocità esecutiva (sforzi dinamici)

Il carico massimo che consente una certa velocità di esecuzione e' circa il 70%-75% del massimale. Per l' incremento della Forza sono consigliabili carichi che vanno dal 60% al 75% del massima­le.

carico
60%   
65%
70%
75%
ripetizioni
8  
6  
4 + 4
2+2+2   

                              

Metodo a breve recupero

Usato dai culturisti al fine di accrescere la massa muscolare, ma con carichi bassi, nel nostro caso, si utilizza un carico dell' 85% del massimale. Si eseguono in sostanza diverse serie con questo carico, recuperando solo 45" - 60" tra una serie e l' altra. Anche in questo caso si ottengono ottimi risultati nell' incremento della Forza muscolare.

carico
85%
85%
85%
85%
85%
85%
ripetizioni
3
3
2  
2  
2  

        

Metodo regressivo

Si carica il bilanciere partendo con il 70% del massimale e ag­giungendo piccoli carichi da 2,5 Kg (fino al 95% che rappresenta il carico da cui si inizia l' esercizio), che durante l' eserci­tazione saranno tolti dal bilanciere. In pratica è un' unica se­rie a scalare. Si parte dal 95% del massimale e sempre al massimo delle ripetizioni possibili e senza intervallo, si scende di 5 Kg in 5 Kg, fino ad arrivare al 70%, dove l' esercizio finisce.

carico
95%
90%
85%
80%
75%
70%
ripetizioni
il più possibile senza fermarsi per ogni % di carico

 

Metodo eccentrico

La muscolatura viene stimolata in movimento cedente, con un carico molto più elevato del carico massimale. Per esempio, nei piegamenti sulle gambe, anzichè salire, si scende più lentamente possibile, con un carico superiore al massimale. Anche in questa metodica, vengono usate più serie per uno stesso esercizio. Per risalire col bilanciere, bisogna aiutare l' atleta.

 

Metodo isometrico

E' l’ estrinsecazione della Forza contro una resistenza fissa, vi è quindi un forte tono muscolare, ma non avvicinamento o allon­tanamento dei capi articolari. La contrazione isometrica, incre­menta la Forza, soprattutto nell' angolo articolare del segmento corporeo in cui viene praticata. E' una metodica utile soprattut­to per rafforzare alcuni angoli critici, in cui i segmenti corpo­rei estrisecano forza.
Nella pratica si esegue nel seguente modo:

TENSIONE 
TEMPO DI TENSIONE 
100%      
2 - 3 secondi
  80%-90%  
  4 - 6  secondi
60%-70% 
   6 - 10  secondi
  40%-50% 
  15 - 20  secondi

Questa è una metodica che impegna molto il sistema nervoso, pertanto va usata solo in casi eccezionali, come ausiliaria ed in atleti di alta specializzazione.

 

Metodo dell'alternanza dei carichi

E' il metodo usato ad alti livelli di qualificazione, ove si voglia stimolare la crescita della Forza che si e' stabilizzata da lungo tempo. Si arriva al 95% del massimale, per esempio col metodo piramidale, e si ritorna al 70-75%, e si inserisce una serie del 95%, poi una del 80-85%, e un' altra del 95%, e così di seguito fino la termine delle serie previste. Lo sbalzo elevato del carico, stimola il sistema nervoso, in modo che agisca sul carico come se esso fosse percentualmente superiore.

carico
80%
90%
95%
75%
95%
80%
95%
ripetizioni
2
1
7  
1  
6  
1

 

 

Metodo dell'alternanza di attivazione muscolare

Durante una seduta di allenamento, si fanno eseguire serie di e­sercizi rappresentanti le possibili diverse attivazioni muscola­ri.
Si parte da esercizi che prevedono carichi, quindi che vengono eseguiti più lentamente, fino ad esercizi più esplosivi, che tendono a trasformare immediatamente la forza acquisita negli e­sercizi precedenti.
In pratica si eseguono piccoli circuiti composti da: esercizi con bilanciere, esercizi con piccoli carichi, esercizi a carico natu­rale.
Gli esercizi devono essere eseguiti uno di seguito all' altro.

Esempio:
1 - Semisquat con carico dell' 80% del massimale, 6 ripetizioni
2 - salto di 6 ostacoli, a piedi pari, a carico naturale
3 - step 40cm, salto in alto e rimbalzo a terra, a carico naturale
4 - serie di 10-12 salti a piedi pari, con zavorra
5 - scatto di 15 metri
Abbiamo quindi eseguito, 1) Attivazione Concentrica, 2) Attiva­zione concentrica con caricamento, 3) Attivazione concentrica e a seguire eccentrica-concentrica, 4) Forza veloce, 5) Forza veloce ciclica.

 

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